Una recente conversazione ci ha portato a confrontarci con altri consulenti che a differenza della nostra società basano il loro lavoro principalmente sulla fornitura della conoscenza necessaria ai clienti utilizzando per la marcatura CE  strumenti informatici di vario genere.

Noi non condividiamo questo modo di operare, perché riteniamo che si basi su un principio che è di fatto un pregiudizio, ovvero che chi detiene la conoscenza è in una posizione superiore rispetto a chi non ce l’ha.

Insomma, la riproposizione in forma soft dell’affermazione “sapere è potere”, esercitando questo potere in modo subliminale, ma certamente efficace, dato che i clienti si trovano nella condizione di dipendere, sia dagli strumenti, che da chi glieli vende, magari con forme di abbonamento allettanti e vantaggiose, capire per chi è altra cosa.

Gli strumenti infomatici proposti sono realmente utili per la marcatura CE?

Naturalmente per chi li mette sul mercato, questi strumenti rappresentano più o meno la panacea e consentono risultati incredibili. Di contro, a noi arrivano clienti che dopo averli acquistati e trovandoli del tutto inutilizzabili cercano un’alternativa “umana”, cioè qualcuno con cui parlare a cui fare domande e da cui ricevere risposte SEMPRE.

A nostro parere ci sono due modi per trasmettere la conoscenza, per cascata e per vasi comunicanti. Nel primo caso la comunicazione si svolge dall’alto verso il basso, nell’altro caso in maniera pressoché orizzontale. Noi preferiamo il secondo, perché richiede sempre la partecipazione del vaso ricevente e perché non pensiamo di essere più in alto.

Per far comprendere meglio la nostra filosofia, che non è certo di nostra invenzione, ma risale alla maieutica greca, facciamo un esempio.

Tutti abbiamo studiato il teorema di Pitagora e tutti più o meno lo sappiamo applicare. Quindi, possiamo dire che lo conosciamo ma quanti di noi lo hanno compreso? Ovvero in quanti ricordiamo la dimostrazione che il buon Pitagora ha sviluppato per poter dimostrare la sua ipotesi? Molti forse moltissimi non l’hanno mai studiata, altri si sono limitati ad imparare a memoria il teorema, altri che non lo utilizzano in alcun modo lo hanno semplicemente dimenticato.

Come trattiamo i clienti noi di CEC.Group?

Noi ci rivolgiamo ai clienti cercando di far loro comprendere che se gli strumenti informatici per la marcatura CE sono certamente utili, è sempre opportuno sapere in base a quali regole operano.

Il più semplice dei software di contabilità mi sarà perfettamente inutile se non conosco le regole della partita doppia.  Inoltre, senza delle minime basi contabili rischio di commettere errori anche importanti.

Questo vale dunque anche per la marcatura CE, per eseguire la quale possiamo trovare molti aiuti tecnici, ma nessuno di questi strumenti entra ad esempio nel merito dell’analisi dei rischi, perché questa si può eseguire con due strumenti distinti e contestuali: la conoscenza e l’intelligenza. Se la prima si può inserire in uno strumento informatico, per la seconda non credo ci siano alternative all’umano, per fortuna.

Questo ci riporta in un altro ambito ovvero la presunta intelligenza delle macchine o artificiale, che oggetto di dotti dibattiti di dotti esperti che neppure si sono accorti di chiamare intelligenza la conoscenza, forse perché hanno visto troppi quiz televisivi.

Intelligenza o conoscenza?

Per avere degli esempi di cosa sia realmente l’intelligenza mi permetto di suggerire la lettura di un libro che reputo profondo e struggente nella sua cruda realtà: La meravigliosa vita di William Sidis, considerato l’uomo più intelligente del mondo e la cui vita non è stata così meravigliosa.

Semplificare la vita a chi deve fare la marcatura CE con strumenti informatici può essere un lavoro interessante, ma pensare di ridurre il tutto ad un Bignami moderno rappresenta lo sminuire sia la capacità di chi insegna e soprattutto di chi deve apprendere.

Noi crediamo che le scorciatoie possano essere utili a chi conosce il percorso principale ed è in grado di valutare quando sia opportuna una scorciatoia.

Nella vita e nel lavoro non possono esistere solo le scorciatoie che molto spesso assomigliano ai messaggini telefoni nei quali “cmq” è parte di una nuova lingua che ci porterà a comunicare per abbreviazioni ed acronimi, dei quali magari non conosciamo il significato.

A volte questo porta a delle situazioni paradossali come pronunciare gli acronimi italiani in lingua inglese. Avete mai sentito parlare di DPI (di pi ai)? Questo è un esempio all’ordine del giorno e riguarda le mascherine protettive il cui acronimo inglese è PPE. Un piccolo esempio di dove ci portano le scorciatoie e l’esprimersi ed operare per “sentito dire”.

Noi siamo così presuntosi da cercare i coinvolgere la parte “intelligente “ dei nostri clienti e non solo, la parte in grado di assorbire nozioni calate dall’alto.

Naturalmente tutto ciò vale per noi e non abbiamo la pretesa né di giudicare, né di aver ragione, lo decideranno i clienti.